Periodo pre-elettorale e la casella di posta elettronica si riempie di inviti al voto e locandine con volti sorridenti.
Mi scrivono candidati, che ho già sostenuto in altre campagne, e partiti a cui ho devoluto € 2,00 anche qualche mese fa.
Fin qui tutto ok, niente che non avessi autorizzato.
Lui sorride, ma io meno.
So per certo di non aver mai dato il mio indirizzo mail alla lista del candidato.
Ma ricordo il nome del candidato.
Era (o è ancora) uno dei responsabili dell’Ufficio Informagiovani del Comune di Cesena e anni fa, quando ancora ero giovane, mi ero iscritta alla mailing list per essere aggiornata su corsi e opportunità di lavoro.
Ma ero iscritta all’Informagiovani, non a lui.
Torno all’intestazione della mail e scopro di essere in un’altra mailing list.
Qui la matassa comincia a dipanarsi.
Il candidato aveva già prelevato il mio indirizzo mail e l’aveva inserito in una sua propria mailing list per diffondere notizie relative alla sua attività professionale privata.
Mail che avevo aperto e che avevo, ugualmente velocemente, cestinato.
Non disiscrivendomi però.
Fino ad arrivare a ora.
Richiedo, gentilmente, di sapere come e dove è stato trovato il mio indirizzo mail.
Per ora, nessuna risposta.
Aspetterò i 15 giorni, come da istruzioni del Garante della Privacy; poi, in mancanza di adeguata risposta, presenterò ricorso.
http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/diritti/come-agire-per-tutelare-i-nostri-dati-personali?*
Rimane il problema:
posso fidarmi di qualcuno che preleva dati da un database pubblico per utilizzarlo per scopi privati?
No.